Libertà ed etica a 28 anni da Capaci.

La vera libertà come consapevolezza di sé e delle forze che ci condizionano. Una riflessione filosofica sul sacrificio personale di Giovanni Falcone e Francesca Morvillo.

Mi sono dedicata a queste riflessioni in un giorno particolare, l’anniversario della strage di Capaci, dove i coniugi Falcone persero la vita. Due magistrati, ma ancor prima due persone intimamente libere, davvero libere. Una libertà che ha richiesto sacrificio costante, che ha coinvolto la loro vita pubblica e privata. Mi ricordo quella giornata di sole, avevo 12 anni, ero a casa dei miei nonni, con mia zia che aveva 22 anni ed alcune sue amiche. Mi ritorna alla mente quel pomeriggio passato davanti al televisore, mi ricordo le immagini, le auto sventrate, il cratere di quella strada, il fumo, tanto fumo, il suono delle sirene quasi copriva la voce, rotta, addolorata del giornalista che aveva l’ingrato compito di annunciare ai giusti ed ai buoni di cuore, che la giustizia e la legalità erano state sconfitte, uccise, messacrate, anche quella volta. l’Italia non sarebbe stata liberata dall’omertà, dall’affiliazione, dalla violenza, molti non volevano cambiare, tanti avevano paura. Avevo 12 anni, ma lo ricordo oggi come se fosse avvenuto ieri.

Saviano ci mostra la forza di un amore alimentato dalla volontà di essere dalla stessa parte

Prendendo spunto dall’articolo di Roberto Saviano del 23 maggio sul quotidiano Repubblica, in cui viene narrata sotto una nuova luce la figura ed il ruolo di Francesca Morvillo, moglie di Giovanni Falcone ma anche giudice del Tribunale di Agrigento e poi sostituto procuratore a Palermo. Saviano parla di un fuoco comune, quello alimentato dalla volontà di essere dalla stessa parte, la volontà di essere davvero liberi, quello che ha permesso al legame tra questo uomo e questa donna eccezionali di vivere e di mantenrsi saldo, forte, nonostante le minacce alla vita personale e all’intimità.

Etica come conquista della libertà personale

Ho voluto approfondire questo concetto di libertà che ha unito così profondamente le anime nobili di questi magistrati ma ancor più di questi coniugi, amanti, complici di un integrità morale ed intellettuale che ha permesso al loro legame di resistere nonostante tutto. A tal proposito ho tratto spunto dagli scritti di Baruch Spinoza che, nei suoi studi filosofici, ha posto al centro l’etica e le sue connessioni con la natura e felicità umana. Per Spinoza la libertà non è qualcosa che ci viene concesso o dato da altri, ma è una conquista difficile e personale, ed è proprio per questo che la maggior parte degli uomini non sono mai veramente liberi. 

L’ignorante viene sballottato qua e là, in molti modi, dalle cause esterne e senza conquistare mai una vera soddisfazione d’animo, vive quasi inconsapevole, secondo il filosofo. Nella produzione di Spinoza vi è un intero testo dedicato alla salvezza dell’essere umano, dove l’ “Ethica” non è solo il titolo, ma è il concetto centrale della conquista della libertà individuale. 

Ciò che solleva l’uomo dalle miserie e dalle tristezze è pensare alla vita nel nostro esser partecipi delle vicende dell’intero universo.

Spinoza ci dice che l’uomo può evolvere da schiavitù a libertà, lo può fare mediante la ragione, le idee adeguate, la coscienza e la fatica. È la consapevolezza di sé e delle forze che ci condizionano  che ci rende liberi, per raggiungere e mantenere tale stato è richiesto uno sforzo che l’autore stesso definisce “grande”. Ciò che solleva l’uomo dalle miserie e dalle tristezze è pensare alla vita, ma non in termini individualistici bensì nel nostro esser partecipi delle vicende dell’intero universo. La triste ed ammirevole storia dei coniugi Falcone ci porta la testimonianza di questa “Ethica” umana che richiede intelletto, consapevolezza, coraggio, sacrificio individuale per la collettività, un etica pura e così rara, che ha accumunato gli uomini e le donne che hanno anteposto la libertà di tutti alla propria. È triste rendersi conto, a distanza di 28 anni da quel tremendo attentato, che la libertà vera, e non quella apparente, era e resta solo per pochi.

Dal Profilo di Funzionamento al PEI in 5 punti

In previsione della partenza del nuovo Anno Scolastico cercherò di fare un pò di chiarezza con questo scritto in 5 punti su cos’è il PEI (PIANO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO), ponendo in evidenza un cambiamento introdotto dal Decreto Legislativo 13 aprile 2017 n. 66, ossia l’introduzione del Profilo di funzionamento (PF) che, assieme alle disposizioni per la composizione delle  commissioni mediche, sostituirà la diagnosi funzionale (DF) e il profilo dinamico funzionale (PDF) a partire dal 1° gennaio 2019.

Buona lettura!

1. IL PEI

Cos’è? Il PEI è un progetto operativo partecipato che vede coinvolti gli operatori della scuola, dei servizi sanitari e sociali, in collaborazione con la famiglia.

Cosa contiene? Nel PEI si  Identificano gli obiettivi di sviluppo, le attività, le metodologie, le facilitazioni, le risorse umane e materiali di supporto, i tempi e gli strumenti di verifica, le modalità del lavoro di rete. Nel Piano devono dunque essere esplicitati tutti gli interventi volti a una presa in carico globale dell’alunno con disabilità, in modo condiviso da tutti i docenti (insegnante di sostegno e docenti curricolari), dal Servizio sanitario nazionale, dalle istituzioni del territorio e dalla famiglia dell’alunno. 

Quali sono gli obiettivi? La realizzazione del diritto all ́educazione e all ́istruzione (Legge 104/92 e circolare regionale 11SAP/95, atto di indirizzo delle modalità organizzative e operative di applicazione, DGR 34/2010). 

Quando si compila? Si definisce generalmente  entro il mese di ottobre/novembre e si verifica con frequenza trimestrale con la presenza ed il coinvolgimento di tutti gli attori del percorso.

Da chi è compilato? Da personale sanitario individuato dalla USL, dai docenti curricolari, dagli insegnanti specializzati, dall’operatore psicopedagogico, dai genitori.

2. IL PROFILO DI FUZIONAMENTO

Propedeutico e necessario alla predisposizione del Progetto Individuale e del PEI è il Profilo di funzionamento. Il Profilo di Funzionamento, con decorrenza dal 1 gennaio 2019, sostituirà la diagnosi funzionale e il profilo dinamico-funzionale.

Che cos’è?

Il Profilo di funzionamento, previsto dal Decreto Legislativo 13 aprile 2017 n. 66, è il documento propedeutico e necessario alla predisposizione del Progetto Individuale e del Piano Educativo Individualizzato (PEI).

Si redige successivamente all’accertamento della condizione di disabilità (art. 3 della Legge 104/92)

• È redatto secondo i criteri del modello bio-psico-sociale della Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF) adottata dall’OMS

  • Comprende, sostituendoli, la diagnosi funzionale e il profilo dinamico-funzionale
  • Con il documento si definiscono anche le competenze professionali e la tipologia delle misure di sostegno e delle risorse strutturali necessarie per l’inclusione scolastica.

Quando viene compilato?

 È aggiornato al passaggio di ogni grado di istruzione, a partire dalla scuola dell’infanzia, nonché in presenza di nuove e sopravvenute condizioni di funzionamento della persona

Da chi viene redatto?

da  un UNITA’ DI’ VALUTAZIONE MULTIDISCIPLINARE composta da:

a) un medico specialista o un esperto della condizione di salute della persona; 

b) uno specialista in neuropsichiatria infantile; 

c) un terapista della riabilitazione; 

d) un assistente sociale o un rappresentante dell’Ente locale di competenza che ha in carico il soggetto. 

  • con la collaborazione dei genitori dell’alunna o dell’alunno con disabilità, nonché con la partecipazione di un rappresentante dell’amministrazione scolastica, individuato preferibilmente tra i docenti della scuola frequentata

 

Quali i cambiamenti quindi? Il PF è un documento di nuova concezione propedeutico alla redazione del PEI e definisce, oltre alle competenze professionali, competenze non riconosciute dai precedenti documenti (diagnosi funzionale e profilo dinamico funzionale) come il tipo di misure di sostegno e le risorse strutturali necessarie per l’inclusione scolastica.

Cosa rappresenta il Profilo di funzionamento?

Diventa il momento “conoscitivo” dell’alunno, necessario per definire adeguatamente gli obiettivi a lungo, medio e breve termine e le attività, i materiali e i metodi di lavoro per l’intervento con lo studente, in una prospettiva di Progetto di vita.

3. Dal Profilo di funzionamento al PEI

Le informazioni sistematizzate all’interno del Profilo di Funzionamento ci permettono di passare alla fase successiva, cioè nel documento del PEI nel quale vengono elaborate rispetto agli obiettivi a breve-medio e lungo termine : 

  • metodologie didattico-educative 
  • soluzioni operative
  • materiali

IL PEI contempla, quindi, la descrizione degli interventi integrati ed equilibrati tra di loro, programmati per il raggiungimento degli obiettivi, tenendo presenti i progetti educativi, riabilitativi e di socializzazione e le forme di integrazione tra attività scolastiche ed extrascolastiche . 

Il Piano educativo individualizzato (PEI) diviene perciò non solo lo strumento per l’integrazione nella scuola degli alunni con disabilità, ma, un necessario strumento operativo per il PROGETTO DI VITA della persona con disabilità.

4. Dal PEI al Progetto di Vita:

COSA SIGNIFICA?

Bisogna pensare all’alunno non solo come bambino /ragazzo che frequenta e partecipa al sistema scolastico ma anche in riferimento ad altri contesti di vita (famiglia, tempo libero, associazioni…).

Inoltre bisogna pensare all’alunno con una visione temporale longitudinale, ossia una persona che, con il tempo, diventerà ADULTA. Nel pianificare il PEI deve entrare in campo uno ‘sguardo flessibile e prospettico”, per riuscire a vedere adulto quel bambino disabile, cercare di individuare le sue necessità e i suoi desideri non solo oggi ma anche nel domani, nel lavoro, in casa, nelle relazioni affettive, con gli amici, etc… Tale proiezione nel futuro non deve essere plausibile solo per gli operatori e i famigliari ma sopratutto deve avere un senso per la persona che è la protagonista di questo percorso.

 

 

5. Come dovrebbe essere un “buon” PEAI

Deve essere completo, globale , equilibrato, integrato con le attività della classe, rispondente ai bisogni evolutivi e alle caratteristiche individuali, flessibile, provvisorio, soggetto asperimentazione e verifica, modulare e aperto a vari arricchimenti.

Riferimenti legislativi

Decreto Legislativo 13 aprile 2017 n. 66 (Norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera c), della legge 13 luglio 2015, n. 107);

Legge 13 luglio 2015 n. 107 (Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti);

Nota del 4 agosto 2009 n. 4274 (Linee guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità);

Decreto del Presidente della Repubblica 24 febbraio 1994 (Atto di indirizzo e coordinamento relativo ai compiti delle unità sanitarie locali in materia di alunni portatori di handicap);

Legge 5 febbraio 1992 n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate).

Facciamo chiarezza: Cosa sono il PAI ed il PEI

Cercherò con questi articoli di fare chiarezza su questi due acronimi, spesso utilizzati dagli addetti ai lavori, ma non sempre chiari a pazienti e famigliari. Entrambi sono strumenti importantissimi, previsti per legge, indispensabili per identificare fragilità e risorse della persona, nonché gli obbiettivi di assistenza o educativi e sono prodotto di un lavoro multiprofessionale.

Si utilizzando però in contesti differenti, con diverse popolazioni di pazienti e contengono aree di pertinenza specifiche.

Proviamo in due tappe a delineare le specificità di entrambi.

Prima parte

“Cos’è il PAI: cosa contiene, quando  e chi lo compila, a cosa serve”

L’attuale normativa nazionale* indica come uno dei requisiti minimi organizzativi delle RSA la “…stesura di un piano di assistenza individualizzato corrispondente ai problemi/bisogni identificati” attraverso una valutazione multidimensionale che viene effettuata anche con l’uso di strumenti validati dei problemi/bisogni sanitari, cognitivi, psicologici e sociali dell’ospite al momento dell’ammissione e periodicamente. I pazienti per i quali viene redatto il PAI sono generalmente anziani con diversi gradi di autosufficienza, adulti con disabilità, malattie croniche, patologie degenerative o con grave disabilità acquisita.

Di cosa si tratta?

La stesura di un piano di assistenza individualizzato viene realizzata attraverso la compilazione di un documento cartaceo e implica, un processo di attenzione che comincia ogni volta venga inserito un nuovo ospite e presuppone una modalità interdisciplinare di lavoro fra gli operatori.

Quando viene compilato e cosa contiene?

Prima dell’ingresso in struttura o immediatamente dopo l’ingresso, tramite visita domiciliare o colloquio con l’anziano e/o i suoi familiari e/o le figure significative per l’anziano, vengono raccolte  le seguenti informazioni dalle diverse figure professionali che si occupano di cura ed assistenza:

• aspetti clinico-sanitari di competenza medica

•valutazione dei bisogni assistenziali di competenza dell’Infermiere Professionale e dell’OSS

•valutazione dei bisogni di riattivazione di competenza del fisioterapista

•valutazione dei bisogni personali, di relazione e socializzazione di competenza dello psicologo.

Deve essere chiaro che Il PAI è uno strumento di sintesi e non di diagnosi, esso rappresenta un progetto globale sulla persona dove :

  • viene presa in considerazione la persona nella sua globalità
  • il paziente e/o la sua famiglia rivestono un ruolo importante
  • devono comparire, in prima stesura, anche le motivazioni dell’ingresso
  • vanno identificati l’obiettivo/gli obiettivi che devono essere concreti  misurabili e congruenti con i dati sintetici di conoscenza del paziente
  • l’output atteso è il miglior benessere possibile della persona nonostante la malattia e la disabilità.

Quando viene aggiornato e come vengono valutati gli obiettivi?

Il PAI  deve essere ridiscusso almeno ogni sei mesi in condizioni di stabilità e tutte le volte che una situazione critica richieda una modifica delle necessità assistenziali. Non va, invece, rivisto in presenza di fasi di acuzie che, in termini di probabilità, sono destinate al ripristino delle condizioni precedenti. Poiché il PAI è soggetto a verifica periodica, gli obiettivi individuati devono essere misurabili. Occorre quindi identificare l’indicatore/ gli indicatori che permettano di valutare, alla scadenza prevista, il successo degli interventi ipotizzati trovando riscontro in scale di valutazione.

Chi legge ed utilizza il PAI ?

Quanto deciso in équipe durante la compilazione o le modifiche al PAI viene portato a conoscenza di tutto il personale che si occupa dell’assistenza. Il PAI, sia nella stesura preliminare che in quella definitiva, deve essere sempre accessibile e consultabile da qualsiasi operatore lavori direttamente con l’anziano. Qualunque operatore dovrebbe essere libero di chiedere una riunione d’equipe per la rivalutazione del PAI a seguito di elementi importanti rilevati.

La richiesta avverrà considerando le modalità organizzative presenti nella struttura.

Quale ruolo hanno nella stesura e nella valutazione del PAI il paziente e la sua famiglia?

Aspetto importante del PAI è il ruolo centrale che viene attribuito alla famiglia  e al paziente stesso, vediamolo insieme.

Il paziente con capacità cognitive integre e capacità di autodeterminazione deve avere un ruolo significativo nella discussione del suo progetto. Negli altri casi, comunque, la stesura definitiva del PAI viene comunicata alla famiglia. I familiari pur non essendo necessariamente presenti in équipe, al fine di meglio comprendere il lavoro del personale, sono informati degli obiettivi definiti e degli interventi programmati. Collaborano alla buona riuscita del progetto assistenziale, apportando, qualora necessario, suggerimenti, critiche e dando un supporto concreto alla gestione dell’ospite, se previsto dal PAI. Quanto espresso dalla famiglia ed eventuali compiti assunti potrebbero essere registrati all’interno dello strumento PAI sotto la voce “osservazioni dei familiari”.

In sintesi qual’è lo scopo del PAI?

Lo scopo del lavoro di stesura del PAI con relativi obiettivi e rivalutazioni periodiche dovrebbe essere quello di diventare un processo dinamico che segue l’evolversi nel tempo dell’ospite e dei problemi intercorrenti in RSA.

Nel prossimo articolo analizzeremo meglio cos’è il PEI, gli ambiti d’uso, gli obiettivi, le funzioni dell’equipe multi professionale ed il ruolo sella famiglia.

* D.P.R. 14 gennaio 1997«Approvazione dell’atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private»

Arte Terapia: Paola Luzzato una terapeuta oltre i confini

Condivido qui un articolo di State of Mind che ripercorre la biografia di una grande maestra, una persona io definirei “magica” in grado di smuovere gli animi con il potere di una semplicità genuina e disarmate. Ho avuto la fortuna di averla come docente nonché musa ispiratrice delle mie attuali ricerche. Nel mio studio ho una foto, scattata da una collega durante una pausa della sua lezione, che mi ritrae seduta ai piedi della sua sedia letteralmente ammaliata mentre mi illustra con interesse come potrei impostare il mio studio perché “funzioni”… un momento indimenticabile della mia formazione come Arte Terapeuta. Chiunque voglia approcciarsi alle terapie espressive dovrebbe sicuramente leggere il suo libro e perché no, provare a frequentare uno dei suoi seminari durante le sue visite in Italia….intanto potete scoprire qui chi è questa donna minuta quanto vulcanica.

Qui il link all’articolo su Paola Luzzato di State of Mind